Lo abbiamo conosciuto, amato e apprezzato attraverso i suoi monologhi e per le doti da affabulatore. Spesso solo in scena, con un riflettore, una camicia e un paio di scarponi.
A Marco Paolini non sono mai servite scenografie imponenti, né cast numerosi.
Le sue storie e la forza della sua narrazione hanno sempre proiettato il pubblico fuori, lontano, a Ustica o dalle parti del Vajont. Nella Germania nazista, nelle nevi della Russia, su un campo da rugby. In un altrove che non conosce né tempo né spazio e che si abbandona all’analisi di realtà drammaticamente vere che ancora oggi ci gridano in faccia la propria urgenza.
Poi è arrivata la pandemia e il teatro di Paolini si chiuso letteralmente tra "due parentesi", obbligato a rivolgersi a un pubblico piccolo, sparuto e spesso spaurito, ma comunque distanziato.
Da qui parte il suo ultimo lavoro, SANI!, in scena al Piccolo di Milano e realizzato sotto forma di intreccio, incastro, incontro e scontro, andata e ritorno, tra luoghi e dimensioni che si muovono al ritmo di mille ballate. Frutto delle musiche originali composte da Saba Anglana e Lorenzo Monguzzi.