100 mila infermieri in meno. Detto così suona esagerato, ma i numeri, a conti fatti, sono proprio questi. In 20 anni il fabbisogno professionale è cresciuto costantemente, senza essere mai recuperato, fino a diventare una voragine, riflessa nei corsi di laurea, dove a fronte dei quasi 24 mila posti necessari per imbarcare nuove matricole ne sono stati resi disponibili poco più di 17 mila.
Oggi l’allarme viene rilanciato in modo ancor più drammatico da UNEBA, l’associazione che rappresenta 45 strutture sociosanitarie del varesotto, tra RSA, RSD, case albergo, centri per minori, per un totale di 7.200 posti letto e più di 7 mila utenti, compresi coloro che vengono assistiti a domicilio.
In termini numerici, mancano tra i 2 e i tre infermieri ogni 100 ospiti. E in futuro la situazione è destinata a peggiorare, perché se l’invecchiamento della popolazione porterà a un aumento della domanda, le poche assunzioni e lo scarso turnover restringeranno ulteriormente la platea degli operatori.
Nell’incontro convocato a Varese da Guido Bonoldi, i vertici di alcune delle più importanti RSA del territorio (come Romeo Mazzucchelli, numero uno de La Provvidenza di Busto Arsizio e Carlo Maria Castelletti, presidente Molina) si sono poi soffermati su altre due criticità.
La prima, tutta varesina, è l’attrattività professionale della vicina Svizzera, la seconda è lo stress del personale, messo a dura prova dalla pandemia ed esasperato da turni massacranti.