Il rischio di morte per malattie ischemiche di cuore legate allo stress e alla fatica da lavoro aumenta del 17% per chi lavora più di 55 ore settimanali, rispetto a chi si ferma a 40.
E' quanto emerge da una ricerca commissionata dall'Organizzazione Mondiale della Sanità e dall'International Labor Service di Ginevra e pubblicata dalla rivista Environmental International.
Allo studio hanno partecipato esperti di alto profilo, coordinati dall'INAIL di Roma attraverso il professor Sergio Iavicoli e, nel team, spicca il nome di un docente dell'Università dell'Insubria: Marco Mario Ferrario (nella foto, opportunamente protetto dalla mascherina). Il professor Ferrario, affiancato dallo specializzando in Medicina del Lavoro Marco Roncaioli, è ai vertici del Centro di Ricerche in Epidemiologia e Medicina Preventiva dell'ateneo di Varese e di Como.
"Le condizioni di esposizione allo stress lavorativo - spiega - sono lesive se mantenute nel corso del tempo, perché finiscono per modificare in maniera nociva sul ritmo cardiaco".
Le conseguenze dello stress lavorativo sulla nostra salute non sono certo una novità. Ma l'emergenza Covid e i super turni cui tanti professionisti, a cominciare dal personale medico infermieristico, si sono prestati, ha reso ancor più marcata l'incisività del fenomeno.