Riceviamo e pubblichiamo
Individuare e approfondire i percorsi che le imprese, soprattutto le Pmi, possono intraprendere per aprirsi al mercato dei capitali e per trovare forme di finanziamento dei propri progetti di crescita, complementari o alternative al classico ricorso al credito bancario. È con questo obiettivo che Confindustria Varese, in collaborazione con AIFI, ELITE, KPMG e Università LIUC, ha organizzato l’evento “Conoscere per crescere: nuova finanza d’impresa e mercato dei capitali per lo sviluppo imprenditoriale”. Un confronto a cui hanno partecipato più di un centinaio di aziende varesine che si è tenuto nella sede di Borsa Italiana, a Palazzo Mezzanotte, in piazza Affari a Milano. Luogo ovviamente non scelto a caso: “Non è la prima volta che portiamo le nostre imprese nel cuore finanziario del Paese. È una questione soprattutto culturale se sono ancora troppo poche le aziende disposte a innovare la propria finanza d’impresa”, ha esordito il Presidente di Confindustria Varese, Roberto Grassi.
LO SVILUPPO FINANZIARIO A VARESE
Secondo un’analisi sul Fermento Imprenditoriale che Confindustria Varese ha svolto insieme al Think Tank Strategique e con il supporto scientifico di IEC - Institute for Entrepreneurship and Competitiveness dell’Università LIUC, quello dello sviluppo finanziario è la macro-dimensione della competitività in cui Varese sta perdendo più posizioni: 75esimo il piazzamento nel ranking nazionale.
Andando ad analizzare i sottoindici Varese è 101esima in Italia nella dimensione relativa ai finanziamenti pubblici e a metà classifica sia nella dimensione relativa al ricorso agli strumenti di finanza innovativa - quali crowdsourcing, minibond, project finance - (in cui arriva 54esima), sia in quella della finanza più tradizionale, rappresentata dell’indebitamento bancario (dove è 53esima).
“Numeri che confermano la difficoltà del territorio nel rafforzare la capacità delle proprie imprese di attrarre capitali così come di ricorrere alle varie forme di finanziamento disponibili”, ha commentato il Presidente di Confindustria Varese, Roberto Grassi: “La grandezza media delle nostre realtà imprenditoriali (per il 90% rappresentate da piccola industria), la conduzione familiare (che caratterizza l’83,6% delle imprese del nostro territorio), il basso tasso di presenza di manager specifici nei Cda, la mancanza a volte di strumenti organizzativi sono elementi che contribuiscono a frenare l’approccio a forme di finanza alternativa”.
IL PRIVATE EQUITY
Mentre in Italia negli ultimi tre anni sono stati investiti nel mercato del private capital quasi 55 miliardi di euro, tra private equity, venture capital e private debt, nel periodo 2020-2023, il Private Equity Monitor della LIUC Business School ha registrato in provincia di Varese 27 operazioni. Di queste l’81% ha riguardato acquisizioni di quote di maggioranza o totalitarie di aziende. Nel 41% dei casi le acquisizioni sono state effettuate tramite società già nel portafoglio del private equity. Nel 74% dei casi hanno visto come protagoniste aziende familiari. A livello di settori, invece, nel 48% dei casi si è trattato di imprese di beni e servizi industriali e nel 22% di aziende attive nei beni di consumo.
Tra gli esempi di operazioni di private equity che hanno visto come protagoniste aziende del Varesotto sono stati citati l’operatore di telecomunicazioni di Busto Arsizio Eolo (con Carlyle), l’azienda di Gallarate specializzata nella produzione di cioccolato e nei semilavorati per l’industria alimentare Irca (con Searchlight Capital Partners), l’impresa di Busto Arsizio provider a livello mondiale di soluzioni di packaging Brandart (con Tikehau).
Ma la platea in futuro potrebbe allargarsi. L’elevata varietà merceologica in produzioni di eccellenza, la forte propensione all’export, il fatto di essere la quarta provincia n Italia per numero di addetti in settori high tech e il numero di aziende che si apprestano a gestire operazioni di passaggio generazionale (1 su 4 a Varese ha oggi un leader ultrasettantenne) sono tutti fattori che attraggono l’attenzione del private equity sull’industria varesina.
“Il ruolo del private capital sulla economia reale - ha commentato il Presidente di AIFI, Innocenzo Cipolletta - è oggi ancora molto ridotto se pensiamo che solo 1,5% delle oltre 200mila Pmi viene supportato da strumenti di venture capital, private equity e private debt. Le imprese partecipate dai fondi crescono in media molto più delle altre, si internazionalizzano e consolidano segno che l’attività della finanza alternativa è strategica”.
“Le imprese italiane - ha dichiarato Anna Gervasoni, Rettore Università LIUC e Direttore Generale AIFI - oltre a dover affrontare i diversi cicli economici, devono pensare per tempo anche al tema del passaggio generazionale. In Italia le i