"Contribuiamo alla pace sociale: non chiudeteci"

In una lettera al Governo un gruppo di estetiste evidenzia il proprio ruolo al servizio dell’igiene, della sicurezza e del benessere: “Il nostro lavoro contribuisce a preservare l’equilibrio delle persone”

"Chiudere le nostre attività non ha senso".

Dall'inizio dell'incubo covid, dell'emergenza e dei vari DPCM che hanno sprangato le porte di numerose attività, questa frase è stata ripetuta migliaia di volte dalle tante categorie danneggiate.

In questo caso, però, chi parla non si riferisce solo alle conseguenze dirette sul proprio esercizio, ma sugli effetti collaterali che la sua professione contribuisce a evitare.

Sono le estetiste, che da mesi lavorano a singhiozzo e che per un lungo periodo sono state costrette a restare chiuse (a differenza dei parrucchieri). Eppure, spiega Siham Hajoubi, estetista di Luino, in una lettera inviata ai vertici di Palazzo Chigi a nome di tante altre colleghe, i centri estetici non solo possono garantire massima attenzione alle misure di sicurezza (distanziamento, con presenza all'interno di un solo cliente alla volta), sterilizzazione di strumenti e ambienti, dispositivi di protezione), ma anche affrontare, con trattamenti mirati e costanti, quelle insidiose tipologie di malessere che, se ignorate, possono sfociare in tensioni incontrollate, aggressività e violenza.

Tradotto: "Chiudere noi significa correre molti rischi, non solo economici".

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