Gallarate: Stupro 14enne, genitori vigilino su social e chat

Adolescente violentata a Busto, cresce l’esigenza di un maggior controllo genitoriale online

“Istituzioni e scuola non bastano, ci vuole maggior controllo da parte delle famiglie di social e dispositivi digitali soprattutto quando si parla di adolescenti”, così la dottoressa Chiara Bertinotti, psicologa e psicoterapeuta adolescenziale e dirigente alla Fondazione Consorzio Scuole dell’infanzia di Gallarate che si occupa di bullismo e violenza di genere, interviene dopo il grave episodio di violenza sessuale avvenuto a Busto Arsizio in cui una ragazza di 14 anni è stata stuprata e picchiata da un giovane di 21 di origine nordafricana, interviene per riflettere sui meccanismi psicologici e sociali che rendono vulnerabili gli adolescenti.

“Stiamo parlando di una ragazza di 14 anni – sottolinea la psicologa – quindi con una serie di esigenze specifiche legate all’età: il bisogno di riconoscimento, di sentirsi interessante, di costruire una propria identità, anche al femminile.” Esigenze che si traducono spesso in una ricerca di attenzione, tipica dell’adolescenza, ma che si scontrano con una scarsa consapevolezza del rischio.

Secondo Bertinotti, è proprio questa inconsapevolezza a dover essere colmata dagli adulti: “Siamo noi a dover costruire nei ragazzi la capacità di interpretare segnali di pericolo, che spesso sono chiari, ma non vengono letti come tali.”
La psicologa pone l’accento sul ruolo dei social e della rete: “Internet è un reale pericolo in assenza di controllo genitoriale. I ragazzi pensano di potersi fidare dell’altro come se lo conoscessero perché la rete azzera ogni distanza ma può nascondere anche false identità.” Una trappola che può rivelarsi fatale, soprattutto quando si è soli, disorientati o alla ricerca di approvazione.

Per questo, insiste sull’importanza di una guida costante da parte degli adulti: “Un ragazzo non può essere lasciato allo sbaraglio. Noi dobbiamo controllare, conoscere cosa fanno i nostri figli, costruire con loro una consapevolezza. A 14 anni mia figlia non aveva la libertà di muoversi sui social senza controllo.”

“Abbiamo organizzato incontri con i ragazzi per aiutarli a riconoscere i segnali di pericolo e sviluppare una logica di difesa personale” spiega la psicologa, “La consapevolezza va diffusa. La difesa deve diventare una cultura condivisa.”
Un richiamo, il suo, alla responsabilità educativa di genitori, scuole e istituzioni, affinché i giovani siano protetti e preparati ad affrontare un mondo – anche digitale – che può essere pericoloso.