Impotenza, vuoto, senso di colpa. Medici e infermieri, in prima linea in questa emergenza Coronavirus, giorno dopo giorno assistono alla morte silenziosa dei loro pazienti, spesso intubati e impossibilitati a parlare, ma che, attraverso i loro sguardi, esprimono tutta la loro paura e la loro solitudine. Sono immagini forti, che lasciano il segno. E che si fondono con la paura di ammalarsi, il terrore di non poter più riabbracciare i propri cari (da cui si sono isolati, proprio per evitare un possibile contagio) e il crudele compito di dover comunicare ai familiari dei pazienti che il loro compagno di vita se n’è andato. Da solo, senza nemmeno poter salutare per l’ultima volta le persone che amava.
Tutto sfugge dal controllo, dalla razionalità, dalla ragione. E ferisce questi professionisti che, una volta tolto il camice, si ritrovano a fare i conti con la propria emotività e il proprio silenzioso dolore.
Un’esperienza, quella del Coronavirus, che lascerà un segno in tutti noi e che potrebbe diventare occasione valida per riflettere su ciò che davvero conta nella vita, sul valore degli affetti - degli sguardi - dei piccoli gesti…