Samarate: Teresa, uccisa da chi la riteneva di sua proprietà

Con il femminicidio di Samarate si allunga la scia di sangue e si replica un’atroce logica del possesso

L’assassinio di Teresa Stabile prolunga l’atroc linea di sangue che ha già visto tante donne e ragazze cadere sotto i colpi della violenza più cieca.
Ma traccia, in parallelo, una linea altrettanto marcata, che fa riferimento al bieco pregiudizio di chi scambia la vita degli altri per una sua proprietà, da tenere in piedi o sopprimere a seconda della propria volontà o del proprio capriccio.
E’ l’orripilante logica del possesso, che prima si fa negazione della realtà, poi rifiuto, quindi ossessione, infine aggressione e sopraffazione.
Dice bene il sindaco Ferrazzi: “Quando è finita è finita: si deve andare avanti, portando con sé i ricordi e le esperienze più belle”, a partire dai figli, che invece così vengono traumatizzati e segnati per sempre.
Oggi, a poche ore dalle coltellate, dalle urla, dalle sirene, dalla disperata quanto inutile corsa in ospedale, ci interroghiamo su quanto fosse possibile prevedere, prevenire, evitare, salvare.
Domande necessarie, che purtroppo non riporteranno indietro Teresa, né la proteggeranno dalla solitudine di quel momento e dall’orrore dell’agguato.
Le prime cronache, però, dicono che i carabinieri hanno bloccato il marito-killer prima che si suicidasse. Non ci è riuscito. Gli toccherà restare qui.
Dovrà guardare negli occhi i figli, i parenti, gli amici della donna che lui riteneva di sua proprietà.
E che invece apparteneva solo a sé, alla propria Libertà, al desiderio di ricostruirsi una vita.
Diritto sacrosanto, lacerato a coltellate in un cortile di provincia.

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