Sfilano, discreti e silenziosi, i carabinieri che si sono distinti in servizio.
Un momento atteso e collaudato, che ogni anno colpisce. Perché cristallizza l’essenza stessa dell’essere Carabiniere. Sempre e comunque, con l’uniforme o senza, in servizio o in libera uscita, per intervenire, proteggere, a volte salvare.
A 208 anni dalla fondazione e all’indomani di una pandemia che ha reso difficile qualunque incontro, ritrovo o partecipazione, l’Arma celebra qualcosa più di una ripartenza. Testimonia una presa di coscienza collettiva, di fronte a una società che cambia e che ci mette di fronte a pericoli sempre più urgenti, sempre più drammatici.
Lo dice a chiare lettere il comandante provinciale Gianluca Piasentin quando, la voce spezzata dalla commozione, ricorda i figli trucidati o gravemente feriti nei primi mesi dell’anno.
Tre episodi atroci in un fazzoletto di terra che gronda sangue e dolore e che interroga i suoi abitanti sulle cause e sugli effetti di una violenza incontrollata, difficile da arginare perché esplosa tra le mura di casa. E foriera di una riflessione di cui tutti dobbiamo farci carico, sapendo che, tra le parole d'ordine del momento, non c'è solo intervento, ma consapevolezza.
Questa festa, con le alte uniformi, le istituzioni e il sole splendente, rivendica il valore di una missione che trova nell’onore e nel coraggio il solco della continuità; nei piccoli grandi gesti il suo migliore Esempio.
E nell’alleanza tra autorità e cittadinanza il riflesso di una sfida che solo un ritrovato senso di comunità, etica, morale e territoriale, potrà farci vincere.