Don Alberto era un uomo di fede all'ennesima potenza. Fede in Dio e nella Cultura, nel ruolo della chiesa e in quello delle arti, proprio come il cinema e teatro da lui diretto, anzi guidato per tanti anni. Uno dei pochi capaci di riempire centinaia di posti col cineforum del giovedì. Appuntamento che molte sale hanno via via depennato, trasformato, chiuso nei cassetti vintage di una comunicazione artistica difficile da combinare con l'era dei social, delle piattaforme, delle payperview e dei film divorati su PC, tablet e telefonini. Eppure lui ci credeva e la sua gente rispondeva presente. Con la pioggia, la neve, il freddo o le più disparate iniziative organizzate in parallelo.
Lo stesso valeva per il teatro. Don Alberto lo bramava, lo divulgava, sosteneva e diffondeva. Studiava le stagioni, affinché nulla fosse lasciato al caso e perché vi fosse una linea di continuità, un messaggio libero nel contenuto, ma rigoroso nei temi, nel dibattito, nella qualità dell'offerta.
Quando negli anni di Mucci sindaco Gallarate rivoluzionò il centro storico e mise mano a capitali mai più così ricchi per dare vita alla Fondazione Culturale e per ristrutturare i teatri Condominio e Popolo, l'acuto sacerdote fu della partita: partecipe, iper attivo, propositivo. Qualcuno, molto meno lungimirante di lui, pensò che col tempo il Delle Arti si sarebbe spento, soffocato dalle spire dei giganti.
Andò diversamente. Perché i colossi avevano i piedi d'argilla ed erano diretti da persone meno accorte e meno realiste del Don. E infatti, uno dopo l'altro, i castelli vennero meno. Alcuni chiusero, altri restarono in piedi alla stregua di simulacri. Il suo cineteatro, al contrario, restò sano e dinamico, protagonista coriaceo di un modo di fare cultura testardo e tenace, accorto e del tutto privo di prosopopea. Ora quel pilastro vacilla, travolto dalla scomparsa improvvisa del suo vecchio e saggio capitano. Dovere della città e di tutti coloro che credono nella forza di quella testimonianza è tenerlo in piedi, supportarlo. Nutrirlo di contenuti, di pubblico, di arte. E di vita.
Matteo Inzaghi