Chi si aspetta un pezzo che parla di basket, con tanto di numeri, dati e statistiche, presenze, canestri e medaglie, resterà deluso.
Primo, perché da queste parti ci sono intenditori ben più ferrati di me. Secondo, perché descrivere Paolo Vittori come un giocatore leggendario è giusto, sacrosanto, ma nello stesso tempo limitativo.
Lo sanno bene Sacchetti, Marzorati, Recalcati, Bulgheroni e tutte le altre mitiche bandiere riunite in Camera di Commercio per la presentazione, introdotta e coordinata da Antonio Franzi, del libro NO GAVEVO PREMURA, edito da Sunrise.
Un volume che Vittori ha dato alle stampe, incalzato, sfidato e assillato da chi lo spingeva a mettere nero su bianco una tonnellata di ricordi, aneddoti, foto e confidenze, gioie, delusioni, amicizie e strappi, conquiste, rinunce, trionfi. Ma anche di bombe (e non in senso metaforico).
Tra le pagine vergate dall'inossidabile campione goriziano, c'è fatica e c'è sacrificio, uomini incensati e altri criticati senza sconti, come coach Nikolic.
Insomma, ci sono cuore e testa, muscoli e ricordi, protagonisti di una storia che non parla solo di sport giocato, ma anche di sport lanciato, valorizzato e sdoganato, unificato e nobilitato in quello che Gianni Chiapparo ha giustamente definito il maggior successo di Paolo Vittori: il Trofeo Garbosi. Che quest'anno torna in scena dal 15 al 18 Aprile, con un plotone di ragazzi tra gli 11 e i 13 anni.
Un evento autenticamente pasquale, perché sa di rinascita e perché si ripresenta bello, giovane, gagliardo, impastato della stessa umanità di cui è fatto questo grande gigante gentile.